Pubblicato: 07-10-2011

Red Hot Chili Peppers, Flea e Josh Klinghoffer a Milano: la videointervista


Red Hot Chili Peppers, Flea e Josh Klinghoffer a Milano: la videointervista

Concerti di bands rock

Notizie sulle bands rock

Lives e festivals

Live e festival di musica

Date e concerti

Nuovo album della band

Banner e locandine o lacandina dei concerti

Rock bands: rock, metal, indie, alternative, punk, hardcore, new wave, pop, stoner, blues


Uno ha i capelli viola, i piedi nudi, tatuaggi, la maglietta di Thelonius Monk: ha lo sguardo da ragazzino, ma la faccia un po’ segnata dal tempo. L’altro è tutto vestito di nero, ha una felpa con il cappuccio, un accenno di barba, il ciuffo. Ha lo sguardo e il viso da ragazzo; dimostra meno dei suoi 31 anni e sembra ancora un po’ intimidito dalla situazione.
Sono Flea e Josh Klinghoffer, ovvero l’anima ritmica (e non solo) dei Red Hot Chili Peppers e il “nuovo” chitarrista: sono passati dall’Italia oggi per presentare “I’m with you”, il disco uscito la settima scorsa (qua la nostra recensione), il primo in cinque anni e il primo dopo la seconda uscita di John Frusciante dal gruppo.
Flea è gentile, risponde ad ogni domanda senza problemi, a partire dalla scelta della maglietta - il suo amore per il jazz è noto: “mi piace, a chi non piace Thelonius Monk? Come mi piacciono i Beatles e come mi piace respirare..”. Poi si passa a parlare del disco, della nuova formazione: la sensazione che i due danno è di grande affiatamento, Josh (che aveva già in passato suonato con il gruppo in tour, per questo “nuovo” va messo tra virgolette) si è inserito alla perfezione, è in piena sintonia con il resto del gruppo: “Abbiamo un processo di composizione democratico, ognuno può dire la sua, e Josh non si è solo inserito, ha portato la sua visione”, spiega Flea. “Quando abbiamo iniziato a scrivere, due anni fa”, dice Josh, “E’ stato tutto molto naturale, abbiamo imparato a conoscerci. Non ci sono stati grandi difficoltà se non ora che iniziano le cose strane, vedere così tanta gente... Anche se poi suonare con questa band è una cosa naturale, siamo subito in contatto”.
“Josh è una persona molto differente da John”, spiega Flea. “Ero molto abituato a lui, abbiamo suonato assieme per tanto di quel tempo che avevamo ormai un nostro linguaggio. Con Josh ho imparato un nuovo linguaggio: ho dovuto lasciarmi indietro il passato e immergermi nel presente”.


Rockol - Flea e Josh Klinghoffer raccontano on MUZU.TV



Flea ha un rapporto sereno con il tempo, e si vede, lo ripete in continuazione: “ Cinque anni?”, dice all’inevitabile domanda sulla lunga pausa. “Siamo stati in tour per ‘Stadium Arcadium’, ci siamo presi una pausa, abbiamo ricominciato a scrivere, ed eccoci qua. E’ stata l’attrazione gravitazionale dei nostri cuori: ci siamo ritrovati a suonare musica. Se penso alla nostra tradizione, a come abbiamo iniziato negli anni ’80, e a dove siamo ora, con i palazzetti, gli stadi... Do un grande valore al nostro modo di fare le cose. It’s fucking awesome! Poi non so se ci vorranno altri cinque anni per un disco... So a malapena cosa farò domani, sono che sono grato di stare in tour e di comunicare le mie idee, di poter parlare con la gente. Poi vedremo.”.
Quanto al passato, Flea non ha né rimorsi né rimpianti. Anzi la sua vena mistica viene fuori anche qua: “Ho un ottimo ricordo di quello che abbiamo fatto: eravamo così stupidi, dei cazzoni che non sapevano cosa facevano, che andavano in giro sfatti...I nostri angeli custodi ci hanno permesso di sopravvivere, di trovare qualcosa dentro di noi che ci ha fatto crescere. Nessun guru, nessun psichiatra ci avrebbe potuto indicare una via migliore”.  Un tema, quello del passato, che ritorna anche in uno dei momenti più intensi del disco, “Brendan’s death song”. “ E’ dedicata ad un nostro amico, un promoter di L.A. che fun uno dei primi a darci un ingaggio: a quell’epoca non eravamo nessun e lui avuto un grande ruolo nella crescita della band, con quello che ha fatto. Ci ha dato fiducia, ci siamo sentiti rispettati. Il primo giorno che abbiamo suonato con Josh è stato quello in cui abbiamo saputo della sua morte. Abbiamo improvvisato ed è nata quella canzone”.
La vena mistica di Flea ritorna quando racconta il suo rapporto con la musica: “Sono un fottuto hippie... la musica per me arriva da un posto divino. Quello che posso fare è mettermi nella condizione di farla scorrere, di farla arrivare, per vivere la mia vita in un posizione vicino a questo posto divino. Ma non sono religioso...”
Josh guarda, sorride, ogni tanto interviene con una battuta, in maniera molto educata, timida, ma non troppo. Quando Flea si assenta per andare un attimo in bagno, dice che lui non ha problemi a suonare le canzoni che la band ha inciso con gli altri chitarristi: “John aveva un problema con i brani di ‘One hot Minute’, quelle che la band aveva inciso con Dave Navarro. Io quel disco l’ho comprato e l’ho amato, quel tour è stata anche la prima volta che ho visto i Peppers dal vivo. Ma tanto so che neanche gli altri amano particolarmente quei brani”. Dice che vuole continuare la sua carriera solista: “Nelle pause del tour farò la mia musica. Ma non credo che suonerò ancora con John”, dice - Josh ha suonato in molti dischi solisti di Frusciante, ne ha inciso uno a doppio nome e due sotto il nome Ataxia. “John è abbastanza concentrato sulle sue cose, ultimamente”. Quanto al suo ruolo futuro nei RHCP, dice ridendo: “Sarò incosciente, diventerò tossico, ruberò macchine. Non vedo l’ora”, e poi manda un saluto ai suoi amici italiani, Marlene Kuntz e Afterhours, con cui ha suonato dal vivo qualche volta.
Per vedere dal vivo i Red Hot Chili Peppers, invece, bisogna aspettare Dicembre, il 10 a Torino e l’11 Milano.


(Articolo tratto da: http://www.rockol.it del 05 set 2011)







Condividi