Pubblicato: 21-03-2012

Concerti, i Primus tornano in Italia: l'intervista a Les Claypool


Concerti, i Primus tornano in Italia: la nostra intervista a Les Claypool

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Porta i suoi figli a pescare, proprio come faceva suo padre con lui. E' iperattivo su ogni fronte: musica, libri e film. E ovviamente è in tour con la sua band, i Primus. Les Claypool, che senza esagerare si può definire uno dei bassisti più originali e talentuosi del pianeta, ha la stessa velocità e imprevedibilità di pensiero che ti aspetteresti ascoltando le sue canzoni. Lo abbiamo raggiunto al telefono negli Stati Uniti, per farci raccontare il nuovo tour della band, "An evening with the Primus", che il mese prossimo toccherà l'Europa. E soprattutto farà tappa in Italia per due concerti a Pordenone (23 marzo) e a Brescia (24 marzo).

I Primus sono tornati. Dopo qualche anno di pausa discografica, il trio americano si è ripresentato l'anno scorso con il nuovo disco "Green naugahyde". E nella formazione, insieme a Les al basso e al chitarrista Larry LaLonde, è tornato anche il batterista Jay Lane, presente nel primo nucleo della band nel 1989. Ma com'è nata l'idea di registrare un nuovo album a dodici anni di distanza dal precedente "Antipop"? Mr.Claypool la vede in modo molto fatalista: "Stavo lavorando a dei progetti per conto mio e mi sono messo a parlare con il mio manager di questa possibilità. Anche Larry voleva fare un disco dei Primus, la trovava una cosa eccitante. Così abbiamo contattato Jay Lane e ci siamo detti: 'Diavolo, facciamo ripartire il vecchio macinino!'".
"Green naugahyde" ha recuperato le sonorità dei primi lavori del gruppo, anche se secondo il bassista questa non è stata una decisione studiata a tavolino. "Semplicemente è venuto fuori così, in modo naturale. Jay ha avuto grande influenza ai nostri inizi nello scrivere le parti ritmiche, quindi anche stavolta sicuramente la sua presenza si è sentita, per questo il disco è più tirato in certi passaggi. L'approccio è stato molto organico, ci siamo semplicemente messi in una stanza e abbiamo iniziato a registrare dei suoni", ribatte l'artista.

Ora i Primus, dopo alcune date negli Usa, sono pronti a sbarcare in Europa. Quale show dobbiamo aspettarci? "Negli Stati Uniti la setlist è divisa in due parti: la prima si basa sul vecchio repertorio e cambia ogni sera, mentre la seconda è costruita più sui brani di 'Green Naugahyde'. Ma sarà diverso ogni volta, dipende da come ci sentiamo, da che tempo fa e soprattutto da quanto 'vino' - lo dice in italiano - abbiamo bevuto, man!", ribatte con una risata sardonica improvvisa e breve, a metà tra il divertito e l'ironico.
Il trio di San Francisco è stato nel nostro paese la scorsa estate, tra l'altro, quando ha aperto il festival 10 Giorni Suonati. Che ricordo hanno di quell'esibizione? "Devo essere sincero, è stato fantastico. Il castello di Vigevano è un luogo affascinante: abbiamo gironzolato tutto il giorno intorno alla costruzione cercando tutte le entrate e le uscite segrete, è stato divertente. Anche l'acustica e l'atmosfera non erano male". Ma sui concerti italiani in generale, Les non si ricorda molto altro. "Da questo punto di vista sono la persona peggiore sul pianeta. Non so mai bene dove ho suonato e quando. Larry si ricorda anche di quante toilette c'erano nell'albergo, dovresti chiedere a lui. Io semplicemente non mi ricordo niente, è un gene che non mi hanno dato fin dalla nascita purtroppo".

Tralasciando per un attimo l'attualità, abbiamo una curiosità: nell'intera discografia dei Primus, capita spesso di imbattersi nella figura del "fisherman", il pescatore. Oltre alle "Fisherman chronicles" disseminate negli album, anche nel romanzo di Les "South of the Pumphouse", uscito in Italia per Quarup e tradotto con il titolo "A sud del capanno", si racconta proprio il rapporto tra due fratelli durante un viaggio in barca in compagnia delle loro canne da pesca. Quasi un'ossessione tematica, verrebbe da dire. "Non è un'ossessione. Vengo da una famiglia di meccanici, nel week end a El Sobrante di solito lavoravano alle macchine oppure pitturavamo le staccionate. Quando avevamo del tempo libero invece andavamo a pesca. Mio padre aveva una barca, mio nonno aveva una barca e il mio bisnonno aveva una barca. Alcuni genitori portano i figli alla partita di football o di baseball. Io non facevo questo, io con mio papà andavo a pesca. Non sono ossessionato dai 49ers come tanti, ma a me piace pescare. E quando posso ci porto anche i miei figli", sostiene il bassista.

Les Claypool è un artista piuttosto eclettico. Oltre alla già citata carriera letteraria, nel 2006 si è cimentato anche con il surreale documentario "Electric apricot", dedicato all'omonimo e fittizio gruppo musicale. "Fare 'Electric Apricot' è stato come scalare l'Everest indossando uno Speedo. Difficile e doloroso. Ogni volta che mi sembrava di essere arrivato in cima, dovevo scalare ancora. Abbiamo avuto un sacco di imprevisti. Quando l'abbiamo rimasterizzato poi sembrava terribile, quindi abbiamo dovuto rifarlo di capo. Ma è andata bene alla fine, almeno credo", racconta Claypool.
A proposito di documentari, Les Claypool ha collaborato anche a "A Cure for Pain", film dedicato alla vita del compianto leader dei Morphine Mark Sandman. "Non ho ancora visto il film, ma ho rilasciato un'intervista ai registi. Ho suonato 'Honey white' con i ragazzi per un album tributo l'anno scorso. Marc e io stavamo diventando molto amici prima che morisse. I Morphine sono una delle mie band preferite. E' stato triste quando se n'è andato, in molti sensi. Infatti uno dei miei microfoni sul palco, quello che uso per distorcere la voce, è un omaggio a lui: c'è scritto 'Sandman'".

Ora i Primus sono in tour, ma per il futuro cos'ha in mente Les Claypool? "Non so ancora, saremo in tour tutta l'estate. E' possibile che faccia qualcos'altro con gli Oysterhead, ne parliamo da dieci anni ormai. Ho anche un paio di colonne sonore per le mani. Due giorni fa ho fatto uno show per il presidente Obama: ho suonato 'Green onions' con Booker T Jones, bellissimo. Era dai miei 19 anni che non mi cimentavo con il caro e vecchio blues. Il presidente era lì che girava per i camerini, insomma una figata. Sono sempre molto impegnato, davvero. Talmente tanto che non riesco a fare tutto quello che vorrei". A questo punto non possiamo che salutarlo. E lasciarlo libero di dedicarsi al suo basso e alle altre mille attività. E alla sua canna da pesca, ovviamente.


(Articolo tratto dal sito: rockol.it del 24 feb 2012)







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