Pubblicato: 04-10-2013

Thom Yorke: 'Spotify è il rantolo finale della vecchia discografia'


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Dopo essersi appoggiato a Spotify per il lancio del suo disco di debutto insieme agli Atoms For Peace, o per il suo lavoro "in proprio" "The eraser", Thom Yorke ha ritenuto opportuno "dire qualcosa": nei confronti della discografia, dell'attuale situazione della musica e della massiccia presenza e utilizzo del colosso dello streaming on demand che attualmente conta circa 6.000.000 di abbonati in tutto il mondo.
La battaglie del leader dei Radiohead - e così anche dell'amico e collega Nigel Godrich - contro l'azienda svedese e i suoi iniqui pagamenti di royalties agli artisti è cosa ormai nota da mesi, ma una volta per tutte l'artista di Wellingborough ha spiegato i motivi che lo hanno spinto ad uscire dal catalogo Spotify. 
"Penso che noi musicisti dovremmo combattere contro tutta questa storia di Spotify", ha inveito Yorke in una recente intervista rilasciata al messicano Sopitas.com: "Credo che quello che sta capitando alla musica mainstream rappresenti l'ultimo rantolo della vecchia industria. E una volta morta, cosa che succederà, avverrà qualcos'altro. Ma è tutto legato al modo in cui ascoltiamo la musica, a cosa arriverà dopo in termini di tecnologia, di come le persone parlano tra di loro di musica, e potrebbe essere fottutamente negativo. Non approvo quello che la maggior parte delle persone fanno all'interno dell'industria musicale che è dire 'bene, questo è quello che vi abbiamo lasciato. Dobbiamo farlo'. Semplicemente non approvo".

"Quando abbiamo realizzato 'In rainbows' (settimo disco dei Radiohead, pubblicato nel 2007 che, fino alla sua immissione nei negozi, venne messo a disposizione dei fan esclusivamente tramite il sito della band. I singoli brani potevano essere scaricati a un prezzo scelto liberamente dal compratore ndr.) la cosa più eccitante era l'idea che potevi avere una connessione con il pubblico. Tagliavi fuori un sacco di cose. Poi tutti questi bastardi hanno voluto che si facesse in un unico modo, come se Spotify improvvisamente fosse il solo accesso all'intero processo. Non abbiamo bisogno di voi per farlo. Possiamo crearcelo da soli, perciò fottetevi. Ma visto che stanno usando la vecchia musica, visto che stanno utilizzando le major… le major lo vedono come un ottimo modo per rivendere tutte le loro vecchie robe, farci una fortuna e non morire. Ecco perché, per me, tutta questa storia di Spotify, è una grande battaglia, perché riguarda il futuro di tutta la musica. Si tratta di credere se 'è futuro per la musica, analogamente per la cinematografia e l'editoria. Per me questo non è il mainstream, ma l'ultima disperata scoreggia di un cadavere morente. Quello che succederà dopo è ciò che conta".



(Articolo tratto dal sito: rockol.it del 04 ott 2013)