Pubblicato: 07-08-2013

Ben Harper e Charlie Musselwhite in Italia: 'Faremo un altro disco insieme'


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L'unica incursione in Italia di Ben Harper e Charlie Musselwhite, reduci da un album musicalmente rigoroso e apprezzato come "Get up!", è in programma dopodomani, mercoledì 3 luglio, al Pistoia Blues Festival (in quella Piazza del Duomo che lo stesso Harper definisce "forse la più bella d'Europa"). I due, il quarantatreenne afroamericano che periodicamente sente il bisogno di immergersi nel mare della tradizione e il leggendario bluesman bianco sessantanovenne che ha battuto le crossroads con i maestri del genere, ci arrivano sulle ali di un tour che a Ben sembra aver messo l'argento vivo addosso. "Sta andando alla grande e posso dire che nella mia carriera musicale non avevo mai vissuto un'esperienza simile", racconta al telefono. "Charlie è un tale virtuoso che suonare con lui finisce per ispirare noi tutti, sopra e fuori dal palco" (a completare il quintetto sono il chitarrista Jason Mozersky, il bassista Jesse Ingalls e il batterista Jimmy Paxson, i primi due presenti anche alle sedute di registrazione del disco). "Ogni sera, non vedo l'ora che arrivi il momento di suonare. La musica è molto eccitante, diversa dalle mie cose precedenti. E la scaletta ha un'ossatura che ci permette di trovare un terreno comune in cui tutti si sentano a proprio agio: suoniamo un paio di blues dal mio vecchio repertorio e brani pescati dal vasto catalogo di Charlie, oltre ovviamente ai pezzi di 'Get up!'".

Quasi un evento ineluttabile, quell'album, dopo tanti anni di conoscenza e di frequentazione. "Era tanto tempo che parlavamo di incidere un disco insieme", conferma Harper, "e finalmente abbiamo trovato il modo di entrare in uno studio di registrazione a dargli la luce. Il nostro primo incontro risale al 1994, allo Sweetwater di San Francisco, ai tempi in cui Charlie suonava nella band di John Lee Hooker. Io aprivo quel concerto e rimasi colpito dalla sua gentilezza nei miei confronti. Non ero nessuno, ero lì per scaldare il pubblico prima della loro esibizione. Eppure quella volta, così come un anno e mezzo dopo quando ci incontrammo di nuovo in un festival in Australia, lui fu molto generoso e disponibile. E' il suo modo di essere, la sua natura: quando sei in tour non hai mai molto tempo per fermarti a chiacchierare con la gente ma lui l'ha sempre trovato". Le strade da allora si sono incrociate più volte, a partire dalle session di registrazione dell'album di Hooker "Best of friends" dove i due si trovarono a lavorare insieme su un brano intitolato "Burnin' hell". "John Lee pensava che fosse una buona idea, quella di metterci a suonare insieme, e lo suggerì a entrambi. E' stato testimone di nozze al matrimonio di Charlie, e già questo dice molto sulla statura musicale di Musselwhite. Uno che ha suonato con Muddy Waters e con Little Walter e che ha migliaia di aneddoti da raccontare, non tutti riferibili... Un'icona americana, un gioiello raro. Un personaggio della statura di giganti come Thelonious Monk. Su di lui si potrebbe fare un documentario".

Ispirato e contagiato dalla sua presenza, Harper si è tuffato nel blues con una foga entusiasta che lo ha visto ripercorrere con l'illustre compagno ogni sentiero della "musica del diavolo", quella del Delta e quella di Chicago, quella acustica e quella elettrica, nelle sue dimensioni più dure e più intimiste. "Non è stata una decisione presa a tavolino, ma mi fa piacere che all'ascolto si percepisca quello che a me pare uno dei punti di forza del disco: la sua capacità di abbracciare stili diversi conservando una sua coesione". Con una crudezza e un'essenzialità sonora che rimanda spesso alle vecchie incisioni di etichette come la Chess. "E' quello che mi ha detto mia mamma, una grande appassionata di blues che ha ascoltato quel genere di musica per tutta la vita. Lei sostiene che in questo disco siamo riusciti a catturarne il suono e l'essenza. Non ho dovuto calarmi in una parte, mettermi in uno stato mentale particolare per cantare testi che parlano di perdenti, emarginati o fuorilegge. Si trattava soltanto di entrare in sintonia abbastanza profonda e sincera con la musica da poter trasmettere a parole un'idea o un'emozione. Alcune di quelle canzoni le avevo già nel cassetto, 'You've found another lover' e 'I don't believe a word you said', per esempio, erano pezzi che giravano da parecchio tempo, mentre altri come 'Get up!" e 'I ride at dawn' sono stati scritti di getto durante le session. Altri ancora sono stati parzialmente sviluppati e completati in studio: tre modi diversi per arrivare al risultato finale. L'istinto predatorio di 'I don't believe a word you said', secondo me, richiama in qualche modo il feeling di 'Mannish boy': l'ho concepita in onore di Muddy Waters. Mentre 'I ride at dawn' l'ho scritta in memoria di un Navy Seal perito in azione. Era fratello di un mio amico, c'era un legame familiare e ho pensato che il minimo che potessi fare era di dedicargli la canzone. Credo e spero che brani come quello servano a traghettare il blues nel Ventunesimo secolo. A preservare quella musica in questo decennio e in questo secolo, collegando sentimenti moderni a un pilastro del suono classico com'è Charlie".





Al di là dell'umore tenebroso e minaccioso di titoli come "I ride at dawn", racconta Harper, le registrazioni di "Get up!" sono state una festa. "Ci siamo divertiti molto, è venuto tutto naturale. Come comporre le tessere di un puzzle. O trovare ciò che stavi cercando da tanto tempo, l'espressione perfetta di qualcosa che da molto tempo provavi ad esprimere". E pazienza se non si tratta di un disco mainstream, "commerciale", da classifica. "Ho sempre fatto dischi diversi uno dall'altro, con band e musicisti diversi: gli Innocent Criminals, i Relentless 7, i Fistful of Mercy, Charlie, i Blind Boys of Alabama... A un certo punto bisogna decidersi a fare la musica che ci si sente di fare, cercando di esprimerla nel modo più sincero ed energico possibile. E poi sperare che, grazie anche a un team che la sappia promuovere, possa trovare la sua strada verso il pubblico".

A rispondere all'appello e a farsi avanti, stavolta, è stata un'etichetta leggendaria e gravida di storia come la Stax Records. Com'è andata? "Non è stato molto complicato, la Stax ha mostrato interesse, gli è piaciuto il disco e voleva che entrassimo a far parte dell'etichetta. E' stato il mio management a presentarci e a me è parsa subito l'accoppiata perfetta. Ricordo bene il mio primo acquisto su etichetta Stax, un album degli Staples Singers. E anche il mio primo disco blues... un album di Mississippi John Hurt. Su etichetta Arhoolie o Alligator, non ricordo bene".

Una cosa, intanto, è certa: Harper e Musselwhite ci hanno preso gusto e pensano già a un seguito. "Sicuro, faremo un altro disco insieme. Ci sono già tre canzoni che credo verranno completate a breve e che apriranno la strada al nuovo progetto. Non so quando uscirà, però, perché ci sono anche altri progetti. I Relentless 7? La formazione è cambiata, c'è un tempo e un luogo per ogni cosa...Non so bene cosa stiano facendo gli Innocent Criminals, al momento, ma li voglio chiamare al più presto".


(Articolo tratto dal sito: rockol.it del 01 lug 2013)