Pubblicato: 19-09-2013

Gov't Mule, un disco con tante voci: 'E' il nostro omaggio al canto'


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Sudore, impegno, talento, amore incondizionato per la musica "totale" (blues, jazz, hard rock, psichedelia). Così, in quasi vent'anni di dischi e (tantissimi) concerti, di tragedie (la morte del bassista Allen Woody, nel 2000) e di reincarnazioni, i Gov't Mule di Warren Haynes si sono conquistati una solida fan base e il rispetto di tutti i colleghi. Mai erano cresciute intorno a loro, però, le aspettative e le attenzioni mediatiche che ora circondano "Shout!", il nuovo album in uscita il 24 settembre. Merito, sicuramente, dei nomi di richiamo che arricchiscono il "bonus disc", Steve Winwood ed Elvis Costello, Dr. John e Glenn Hughes, Ben Harper e Dave Matthews, Toots Hibbert e Jim James dei My Morning Jacket. Ma anche del prestigioso marchio Blue Note che contrassegna l'edizione americana del disco (pubblicato in Europa da Mascot), e delle parole entusiaste che il presidente dell'etichetta Don Was ha speso per il loro nuovo progetto ("in quest'album hanno innalzato la qualità della scrittura, dell'esecuzione e della produzione a un nuovo livello. Stupirà tutti"). Haynes, lusingato, concorda: "Sì, anch'io lo ritengo il nostro disco migliore. Il motivo, probabilmente, sta nel fatto che per la prima volta dal 1994 ci siamo presi una pausa, un anno sabbatico. In quel lasso di tempo abbiamo avuto modo di riflettere in prospettiva su tutto quel che avevamo fatto fino ad oggi e in studio, qualunque ne sia la ragione, tutto è successo con grande naturalezza. Ogni volta che ci mettevamo al lavoro su una canzone il pezzo assumeva una personalità distinta, con sonorità differenti da molta della nostra produzione precedente ma allo stesso tempo riconoscibili come opera dei Gov't Mule. E' questo il risultato più difficile da raggiungere: far sì che tutte queste cose accadano assieme. Sono orgoglioso di tutti i dischi che abbiamo inciso, ma credo che questo mostri più degli altri tutte le nostre influenze, così come accade ogni sera in concerto. In studio abbiamo lavorato con il solito metodo suonando per quanto possibile dal vivo, tutti e quattro nello stesso momento, anche se in 'Captured', 'How could you stoop so long' e 'Funny little tragedy' Danny Louis ha suonato la chitarra aggiungendo le sue tastiere in sede di sovraincisione: in quei pezzi l'interplay tra le due chitarre era molto importante".

Il feeling "live", tipico delle incisioni dei Mule, si esalta stavolta in lunghe jam come "Bring on the music" e la succitata "Captured", le cui liquide chitarre evocano i Pink Floyd di "The dark side of the moon". Haynes spiega che l'omaggio non è intenzionale: "Quella semplice progressione di accordi è stata usata tante volte in passato, non solo dai Floyd ma anche da Neil Young, da David Crosby o da Stephen Stills. Così credo che in quel brano ci sia un po' di ognuno di loro. Spesso, in studio, ci lanciamo in lunghe improvvisazioni con l'idea di tagliare eventualmente il superfluo in fase di editing. Ma finisce spesso che conserviamo le versioni più estese dei brani, convinti che qualcuno debba tenere viva quella tradizione oggi che in tanti puntano alla concisione e all'impatto commerciale della musica. Trovo sia importante che qualcuno continui a fare musica senza ragionare in quei termini. Nel secondo disco di 'Shout!', per esempio, la versione di 'Stoop so long' cantata da Dr. John è molto più lunga della nostra: per quel pezzo abbiamo registrato quattro jam completamente differenti una dall'altra, le altre due saranno pubblicate in esclusiva nella versione in vinile e in quella per iTunes". Il "dottore" di New Orleans, spiega Haynes, ha registrato il suo contributo senza muoversi da casa sua, mentre per "When the world gets small", organo Hammond e atmosfera da club r&b anni Sessanta, Winwood ha inciso la sua parte vocale in Inghilterra e Hibbert, il leggendario leader dei Maytals, ha lavorato in Giamaica sul reggae di "Scared to live". "Altri, come Elvis Costello, Ben Harper e Grace Potter, ci hanno raggiunti in studio a New York, e ogni canzone ha la sua storia", precisa il cantante, chitarrista e autore del quartetto (che oggi include accanto a lui e a Louis il batterista co-fondatore Matt Abts e il bassista Jorgen Carlsson). "L'idea iniziale era di fare un disco noi quattro, senza ospiti. Poi, mentre procedevano le registrazioni, abbiamo cominciato a pensare che sarebbe stato bello coinvolgere Toots, Elvis e Dr. John, facendogli magari cantare una strofa a testa. Da lì il progetto si è allargato e abbiamo immaginato che poteva essere interessante incidere tutte le canzoni con un cantante diverso. Da chitarrista, sono convinto che ascoltando qualcuno cantare si acquisisca una migliore conoscenza della melodia e del fraseggio: i migliori vocalist sono anche i migliori fraseggiatori in circolazione, e il titolo del disco è un omaggio al canto. Credo che anche i musicisti jazz concordino con questa teoria; ogni musicista deve trovare la sua voce ascoltando il maggior numero possibile di strumenti e di tipi di musica. Alla fine si filtra quel che interessa e si scarta il resto". Una volta che quel concetto si è sedimentato, spiega Haynes, i tempi di lavorazione del disco si sono ovviamente allungati a dismisura. "Abbiamo dovuto ritardare l'uscita dell'album. Ho compilato una lista e ho iniziato a fare telefonate...Ci sono due o tre cantanti che non ce l'hanno fatta a intervenire nei tempi previsti: preferisco non citarli, sperando che in futuro riescano anche loro a incidere una loro versione".

Le collaborazioni, i gruppi "aperti" e la condivisione di esperienze musicali sono una cifra distintiva dei Mule e della carriera di Haynes, da fine anni '80 chitarrista della Allman Brothers Band e collaboratore frequente dei musicisti del "giro" Grateful Dead. "Sono onorato di avere suonato con Bob Dylan e con Eric Clapton", ricorda, "e ho esaudito i miei desideri più inconfessabili salendo sul palco con Carlos Santana, B.B. King e Jeff Beck ma anche con John Lee Hooker, Albert Collins e Willie Dixon prima che morissero". In quel background trova fondamento la speciale abilità che i Mule rivelano nell'interpretazione delle cover (nel concerto visto a Milano il 10 luglio scorso la scelta è caduta sui Led Zeppelin e sui Box Tops di Alex Chilton, oltre che su standard blues firmati da Albert King e Sonny Boy Williamson). "Di solito ne suoniamo di più negli Stati Uniti perché lì il concetto è ben radicato e tutte le jam band sono abituate a fare show molto lunghi. Se suoni tre ore di fila, qualche cover è giustificata. Ad Halloween e alla vigilia di Capodanno dedichiamo sempre un set intero alla musica di qualcun altro, ma anche i nostri concerti normali sono diversi uno dall'altro. Spesso decidiamo all'ultimo momento cosa eseguire ed è una sorpresa anche per noi". I Gov't Mule, dunque, sono una jam band? "Credo che a nessuno piaccia farsi rinchiudere in una categoria. Gli Allman Brothers, per esempio, non si sono mai sentiti a loro agio con l'etichetta Southern rock. Io ritengo che i Mule abbiano un piede nella scena jam band e uno nel mondo del rock'n'roll: stiamo nel mezzo. Non assomigliamo alle altre jam band se non per l'attitudine all'improvvisazione, l'abitudine di cambiare setlist ogni sera e il gusto di interpretare in modo sempre diverso le canzoni. Per me, però, i Mule sono soprattutto una rock'n'roll band. Durante la mia adolescenza per rock'n'roll si intendeva Jimi Hendrix come Crosby, Stills & Nash. Quel che facciamo è prendere da tutti i tipi di musica che amiamo miscelandoli insieme".

Con una conoscenza enciclopedica e un senso della storia della musica che fanno di Haynes l'uomo giusto per rinnovare la tradizione di etichette storiche come Blue Note e Stax, la leggendaria soul label di Memphis che in America ha pubblicato due anni fa il suo disco solista "Man in motion". "Mi sento davvero onorato", spiega, "perché i dischi pubblicati da quelle due etichette hanno segnato la mia adolescenza e la mia formazione musicale. In comune hanno una reputazione costruita nel tempo pubblicando musica di grande qualità: chi comprava un album marchiato Stax o Blue Note sapeva a priori che si trattava di un disco di grande valore. Oggi purtroppo questa è diventata una rarità". Pungolato, Haynes non si fa pregare per rivelare i suoi gusti: "Della Stax amo tutti i dischi di Otis Redding e quelli Sam and Dave, così come 'Born under a bad sign' di Albert King. Mentre della Blue Note apprezzo soprattutto il periodo 1955-1965, a cominciare da 'Something else' di Cannonball Adderley del 1958, l'unico disco in cui Miles Davis suona come sideman e non come leader. E poi Sonny Rollins e i dischi di Art Blakey con i Jazz Messengers e con Wayne Shorter, un musicista che ammiro sia come autore che come sassofonista, nelle incisioni con Blakey e nel quintetto di Davis a fianco di Ron Carter, Herbie Hancock e Tony Williams". Par di capire che se lo volesse, avrebbe un futuro assicurato da storico, biografo e archivista dell'etichetta. "Forse quando diventerò più vecchio" sorride Warren, lavoratore indefesso senza mai un attimo di respiro. "Gli Allman Brothers", preannuncia, "saranno in tour in agosto ma sarà una cosa breve, due settimane circa, prima di ricominciare a lavorare insieme nel marzo del 2014.



(Articolo tratto dal sito: rockol.it del 07 set 2013)